Il valore assicurato

Le merci hanno la caratteristica di accrescere il proprio valore in relazione al loro spostamento da un luogo all'altro. 
E' chiaro, infatti, che è per definizione è una certa merce ha, nel luogo verso il quale viene trasportata, un valore superiore a quello che aveva nel luogo di origine: il trasporto viene effettuato per spostare la merce la dove è "domandata" e nello stesso tempo, al valore che la merce aveva nel punto di origine, si aggiungono i costi di trasporto, le spese doganali, ecc.: quando si cita il valore di una certa merce, è quindi necessario specificare a quale situazione di "spazio" tale indicazione si riferisca (punto di origine, franco destino, e così via).

L'articolo 516 del Codice della Navigazione stabilisce che "l'assicurazione delle merci copre il valore di queste, in stato sano, al luogo di destinazione ed al tempo della scaricazione" ed a questo principio si uniformano anche le polizze di assicurazione.
Se tale valore non è determinabile (o meglio, accertabile) il valore assicurabile è dato dal valore al tempo ed al luogo della caricazione (generalmente comprovabile sulla base del valore della fattura d'origine), aumentato dei costi del trasporto (nolo, costi accessori, assicurazione, dogana ecc.) e di un 10% a titolo di "utile sperabile" e cioè del presunto profitto che l'imprenditore si aspetta dall'utilizzo delle merci che vengono trasportate.
Tale maggiorazione è del tutto ragionevole, perchè in caso di perdita o distruzione (od anche solo di grave danneggiamento) delle merci, il semplice risarcimento del prezzo di acquisto e delle spese di trasporto (se già non incluse in esso) potrà consentire all'acquirente il semplice rimpiazzo della partita andata perduta (ammesso che il prezzo di acquisto non sia, nel frattempo, aumentato), ma non coprirà il mancato profitto che da tale partita l'acquirente si attendeva. La cosa è di particolare rilievo quando si abbia a che fare con beni caratterizzati da forte stagionalità (certi generi di frutta, capi di abbigliamento, ecc.), la cui perdita può annullare un'intera campagna commerciale.

Nulla impedisce (ed anzi è abituale in quei traffici di carattere stagionale di cui si diceva sopra) che la misura dell'utile sperabile sia più elevata del consueto 10%, ma ciò deve essere fatto presente all'assicuratore e da questi accettato con specifica indicazione in polizza: un "utile sperato" particolarmente elevato può costituire aggravamento di rischio, sia perchè l'assicuratodestinatario della merce potrebbe essere indotto ad un minore impegno, nel "salvare" la merce, sia perchè un'eventuale rivalsa nei confronti di terzi responsabili del danno dovrebbe necessariamente limitarsi al valore di fattura e quindi consentirebbe un ricupero soltanto parziale.

In circostanze particolari (ad esempio acquisto c.i.f. di cereali o prodotti petroliferi) se il prezzo della merce nel luogo di destino ha subito (prima dell'arrivo della merce a destino) un significativo aumento rispetto al valore che è stato assicurato dal venditore, il compratore/destinatario può stipulare una separata assicurazione "increased value" per tutelarsi contro la perdita (in caso di sinistro) di tale beneficio, a maggior ragione, poi, se ha a sua volta già rivenduta la merce al nuovo prezzo.
Nel caso di vendite c.i.f. (o su base equivalente) la misura dell'utile sperato (che non riguarda direttamente il venditore (e cioè colui che stipula l'assicurazione) deve essere stabilita mediante pattuizione nel contratto di compravendita.
Nel caso dei contratti-tipo che si usano nel commercio internazionale di "commodities", alla voce "assicurazione" viene espressamente definita anche la percentuale di "utile sperato".


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